Lunedì, sono stato a UpStart Roma. Una piacevole occasione per conoscere nuove persone che si occupano di lavori simili al mio a Roma, dove mi sono trasferito da poco.
Antonio Pavolini ha colto l’occasione dell’incontro per per scrivere un articolo molto interessante su l’esplosione dei microeventi e degli eventi seriali.
Condividendo in pieno quanto scritto da Antonio, aggiungo i miei 2 centesimi, come si usa dire adesso.
Comunicare è facile se si parla la stessa lingua
Attraverso i Social Network e ora anche attraverso questi incontri ho avuto modo di confrontarmi con persone che parlano la mia lingua ma che possono avere punti di vista e “sguardi” diversi sulle cose che ci stanno a cuore.
Questo confronto è molto gratificante e mi ha aiutato ad aprirmi a nuovi orizzonti. A Modena, fino a poco tempo fa, facevo solo una cosa: ascoltare imprenditori (produttori di piastrelle, di prodotti biomedicali, di elettropompe, …) per capire cosa facessero e cercare di spiegare loro in che modo Internet potesse essere d’aiuto al loro business.
In quelle conversazioni lo sforzo era capirsi. Ascoltare, tradurre, cercare di spiegarsi. Non si parlava di social network, thread, utenti ma di internet, contatti, vendite.
La mancanza di un confronto serrato coi miei pari mi teneva chiuso al mio modello di business. Modello funzionante, si. Ma ciò che non evolve prima o poi si estingue. E da qui l’interesse verso iniziative come UpStart Roma.
Il mondo è là fuori
Ai miei clienti che parlavano di brochure cartacee e di reti di vendite con agenti ho cercato di spiegare che esisteva un mondo immenso, là fuori, e che grazie a Internet potevano raggiungerlo. In alcuni casi ci sono riuscito e grazie alla rete i miei clienti hanno trovato nuovi mercati e nuovi sbocchi per i loro prodotti.
Medice cura te ipsum. Fatta la lezione agli altri, rischio (rischiamo) di commettere l’errore con noi stessi, operatori dell’innovazione e del web 2.0
Se parliamo solo tra di noi rischiamo di non vedere cosa stanno facendo gli altri. E soprattutto di comprendere i modelli economici, i loro business model.
Nella fattispecie delle startUp vedo spesso proposte di servizi web per il web. Non mi convince. Il cane che si morde la coda non mi piace.
L’economia è fatta da tre settori. E il terziario che impegna il 90% della capacità lavorativa di un paese e fornisce servizi al terziario stesso non è un modello economico sostenibile.
Modelli economici sostenibili
Chi lavora su internet deve continuare ad avere come interlocutori gli imprenditori, specie del settore secondario industriale. Oppure le pubbliche amministrazioni.
I servizi di infrastruttura web (motori di ricerca, aggregatori, social network) esistono già e diventerà sempre più difficile competere su questo campo. Lo spazio per le StartUp in questo campo è asfittico.
Esistono una moltitudine di spazi su cui è possibile lavorare per aumentare i profitti del cliente e quelli propri. La maggior parte delle aziende italiane, anche grandi, non ha ancora compreso appieno le potenzialità del web. Anche quelle pù semplici, come ho raccontato in questo articolo.
Esistono tanti spazi per personalizzare servizi già esistenti di infrastruttura 2.0 (sempre più open), aggregarli e fornirli alle aziende per consentire loro di vendere prodotti e servizi più o meno tradizionali ma comunque slegati al mondo di internet.
Invito all’ascolto
Ben vengano quindi queste iniziative che ci permettono di parlare faccia a faccia con il nostro vicino di pagina web. E di conoscersi e socializzare.
Ma il mio augurio, come quello di Pavolini, è anche che siano sempre più aperte ad altri settori produttivi in un’ottica di ascolto, divulgazione e confronto.
3 Commenti
Non mi sembra sinceremante che ci siano stati solo servizi web per il web, ricordi servizi per la PMI, per l’agro-alimentare del centro sud, per il settore musicale …..
sono però d’accordo sulla condivisione con imprenditori e al di fuori della nostra cerchia.
Però momento di confronto su esigenze comuni sono molto utili …
Mi rendo conto che nel post sembrava mi riferissi in maniera specifica a UpStart Roma.
L’evento, che mi è piaciuto molto, è stata l’occasione per una mia riflessione più generale. In particolare sulla necessità, che avverto, di allargare il pubblico di questi incontri anche a soggetti imprenditoriali estranei al mondo web.
A tutto vantaggio di chi, come noi, opera nel settore. Ma anche delle imprese che necessitano di una formazione sui temi della comunicazione via internet.
Ben vengano questi incontri tra addetti ai lavori: le competenze richieste su internet sono sempre più ampie (comunicatori, programmatori, esperti di interfacce e design, ecc). Fare dialogare queste differenti professionalità è una assoluta necessità per potere produrre davvero innovazione.
Ma non limitiamoci solo a questo, pena l’autoreferenzialità.
Matteo – condivido quello che dici e ti assicuro che in SIlicon Valley (dalla quale sono appena tornato) fanno esattamente la stessa cosa, solo che per loro l’ecosistema è fatto da aziende che operano sulla rete come core business. Quindi in ogni caso, se vogliamo vendere servizi e farlo localmente (in Italia) dobbiamo parlare la lingua dei nostri clienti (che vendono piastrelle, macchinari per la sanità, polizze assicurative, ecc.). Parliamo comunque di operare nel campo delle iniziative progettuali – ritagliate sulle esigenze dei nostri clienti. Io ho costruito un piccolo gioiello su questo approccio. Purtroppo non sono riuscito a partecipare ad UpStart, ma sono convinto che momenti di incontro tra noi – addetti ai lavori – possono aiutarci a pensare a livello globale e fare come già altri (conosci Balsamiq immagino) fanno nel mondo: produrre localmente e usare la rete come vetrina per la vendita.